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A crown upside down – Una corona a testa in giù | Performance | Roma 28 marzo 2023 

AlbumArte Presenta

A crown upside down
Una corona a testa in giù

Performance di Filippo Riniolo, con Francesco Marsili

Martedì 28 marzo 2023 
ore 18.30 unica esibizione

AlbumArte | Via Flaminia 122, Roma

Un ringraziamento speciale a Paola Ugolini e Pietro Gaglianò per il dialogo fertile e generativo senza il quale non esisterebbe questo lavoro

Grazie a Ultraqueer di TWM Factory per il sostegno

AlbumArte presenta la live performance A crown upside down – Una corona a testa in giù, di e con Filippo Riniolo, con la partecipazione di Francesco Marsili. Martedì 28 marzo 2023 ore 18.30 (unica esibizione)

In Italia il percorso di transizione di genere si compone di molte fasi, in primis un lungo percorso psicologico ed endocrinologico. Il momento più incredibile arriva quando tutti i percorsi specifici sono conclusi e si procede alla richiesta del cambio dei documenti, per il quale l’iter burocratico prevede che un giudice del tribunale civile, debba procedere a riassegnare giuridicamente il genere del richiedente. Purtroppo, però, il giudice non si limita a prendere atto del percorso e della richiesta del soggetto, ma viene chiamato a stabilire “discrezionalmente” se la persona è “abbastanza maschio” o “abbastanza femmina” per poter ottenere questa riassegnazione. 

Nel caso di un uomo nato biologicamente donna, non potendo per legge chiedere al soggetto di spogliarsi, il giudice può valutare il passaggio al genere maschile, prendendo in considerazione la barba. Se non con una barba discretamente folta, che dimostrerebbe che il soggetto analizzato possa essere abbastanza “uomo”, il giudice potrebbe rigettare la domanda.

I paradossi sono mille. Il primo è che non tutti i maschi cisgender hanno la barba. E se molti di loro dovessero essere valutati da un giudice non è detto che avrebbero riconosciuto il genere che gli è stato attribuito alla nascita e che accolgono come identità di genere. Ma soprattutto è anacronistico chiedere alle persone non cisgender di dover passare da uno stereotipo di genere ad un altro, senza poter stare “nel mezzo” in una delle tante sfumature che il genere ha. 

La barba, perciò, diventa una corona a testa in giù, il simbolo dell’essere maschile che si esibisce sul volto. Così il giudice quando deve ratificare il genere d’elezione maschile, solo a quello può fare riferimento, per capire se il richiedente sia abbastanza maschio. Se porta con sé la corona simbolo della virilità, che ricorda all’altro e alle altre chi comanda. 

Durante la performance, il giorno in cui è prevista la sentenza del giudice per Francesco, l’artista Riniolo, che a questa corona non tiene affatto, la dona al suo amico. Per gioco ma non per finta. Come se il maschile fosse la barba. Come se il genere si potesse passare o donare. 

L’artista crea così una performance ironica, dove il giorno di una sentenza, l’imputato diventa il patriarcato.

Passarsi la barba è un gesto assurdo, quanto quello del giudice. Che succede: se io non ho più la barba, non sono più maschio? 

Il gesto performativo di Riniolo vuole riflettere e sottolineare tutte le contraddizioni di questa procedura legale, di questo processo. Lo stato dovrebbe limitarsi a prendere atto del fenomeno e del genere di elezione, dopo che medici e psicologi hanno fatto una relazione sulla persona protagonista del percorso. Soprattutto non si può accettare che il maschile e il femminile siano stereotipi fissi e cristallizzati a cui aderire. Se sono maschio o femmina, e come sono maschio e/o femmina lo decido io.